La sindrome da abdicazione: similitudini e differenze tra il santone e il guru.

By 0 No tags Permalink

Fino allo stadio adolescenziale, fissato intorno ai 12 anni, l’essere umano è strettamente dipendente dai propri caregiver, generalmente riconducibili alle figure genitoriali. In un contesto funzionale e sano, il soggetto vive e cresce serenamente.

In età adulta, alla crescente difficoltà di interpretazione dell’ambiente circostante si può rispondere in molti modi positivi: dalla ricerca di crescita culturale o spirituale fino alla richiesta di supporto psicologico. Uno degli atteggiamenti disfunzionali più tipici è invece il ricorso alla regressione cercando potenti figure genitoriali in grado di garantire un ritorno a uno stato infantile di devozione incondizionata e irresponsabilità. Tali soggetti desiderano abdicare alla responsabilità della propria vita e consegnarla al guru di turno. Non devono preoccuparsi di nulla, perché il guru li guiderà nella giusta direzione. Steve Taylor la chiama “sindrome da abdicazione”.

Descrizione semiseria di un guru. Il guru gestisce l’impresa applicando un metodo innovativo fatto di meritocrazia e fermezza. Meritocrazia che si manifesta con la parte più importante della retribuzione dei suoi collaboratori che è una variabile in funzione delle vendite, fermezza esercitata con sanzioni per ogni comportamento ritenuto lesivo per l’azienda: sbadigli? Multa! Sei distratto? Multa! E via dicendo.

Il suo metodo gli ha consentito di diventare milionario anche se le regole distillate a goccia durante i video possono essere applicate a tutti gli ambiti della umana esistenza, non solo quelli professionali. I suoi collaboratori sono entusiasti e lo descrivono generalmente come l’uomo che ha cambiato loro la vita. Lui è perennemente alla ricerca di nuove leve che prova a convincere grazie ad annunci (video, di solito) poco chiari nella descrizione della posizione lavorativa che si andrà ad occupare, ma molto chiari sul fatto che il principale vantaggio di quella posizione è il poter lavorare a stretto contatto con il capo. Tra tutto quello che viene raccontato non manca mai una frecciatina a “quelli che parlano male di noi” o che semplicemente “ci invidiano”.

Solitamente lui è uomo, sui 40/45 anni, precedenti esperienze come collaboratore in aziende dove “non gli facevano esprimere il suo potenziale”, spigliato nelle conversazioni soprattutto quelle mediate, grossolano nella dialettica ma molto convincente nelle negoziazioni semplici.

La sua organizzazione è dedita ad una serie di “affari” di varia natura ma quasi certamente una delle finalità principali è quella di vendere video-corsi, seminari o guide su come diventare più ricchi o cambiare la propria vita. Termini come “più” o “cambiamento” non mancheranno mai a titoli del genere.

Di soggetti con relative organizzazioni che corrispondono a quanto descritto sopra ne avrete visti molti. Li possiamo chiamare guru (d’ora in avanti lo chiameremo in questo modo), marketer o digital coaching ma la sostanza rimane più o meno la stessa: “io ho fatto i soldi e se mi paghi ti spiego come ho fatto”.

Il modello di business a cui si fa riferimento, per la sua estrema semplicità, non ha bisogno di molte spiegazioni ma può essere stimolante analizzare le metodologie di engagement e di mantenimento del legame per capire se quelle usate dai soggetti descritti sopra ha delle similitudini rispetto alle metodologie utilizzate dalle sette.

Da Wikipedia leggiamo: “Una setta (dal latino secta, da sequi, seguire, seguire una direzione, e da secare, tagliare, disconnettere) è, in senso generale, un gruppo di persone che segue una dottrina religiosa, filosofica o politica minoritaria la quale, per particolari aspetti dottrinali o pratici, si discosta da una dottrina preesistente già diffusa e affermata”. Oggi l’accezione del termine è chiaramente negativa ed anche io la coniugherò in tal modo.

Secondo i più importanti studiosi delle sette, dal punto di vista psicodinamico, queste si connotano sulla base di tre caratteristiche fondanti:

  1. origine del gruppo e ruolo del leader;
  2. struttura di potere o relazione tra il leader e i seguaci;
  3. uso di un programma coordinato di riforma del pensiero basato sulla coercizione/manipolazione psicologica.

Origine del gruppo e ruolo del leader. Nella maggior parte dei casi, il vertice delle strutture settarie è occupato da un singolo individuo, solitamente il fondatore, dal quale partono tutte le decisioni (anche se ci sono alcune donne leader, la maggior parte dei casi riguarda uomini). Questi leader tendono ad autoproclamarsi e ad essere persuasivi, sostenendo di avere una missione speciale o conoscenze esclusive. Alcuni sostengono di essere stati incaricati da esseri ultra-terreni di condurre le persone in luoghi particolari, mentre altri affermano di aver riscoperto metodi antichi per raggiungere l’illuminazione, la guarigione dalle malattie o l’immortalità. Alcuni leader invece sviluppano progetti innovativi, scientifici, umanistici o sociali che promettono di portare i loro seguaci a “nuovi livelli” di consapevolezza, successo o potere personale o politico. Questi leader tendono ad essere risoluti, autoritari e spesso vengono descritti come carismatici. Hanno bisogno di un certo fascino per attrarre, controllare e gestire il loro gruppo di seguaci. Tendono a convincere i loro devoti a lasciare le proprie famiglie, il lavoro, la carriera e gli amici per seguirli e, nella maggior parte dei casi, cercano di prendere il controllo delle proprietà, dei soldi e della vita dei loro seguaci alla luce del sole o in maniera occulta. Inoltre, questi leader accentrano su di sé la venerazione dei loro seguaci, contrariamente a preti, rabbini, ministri, leader democratici e leader di movimenti che mantengono la venerazione dei loro seguaci verso Dio, su principi astratti o sugli scopi del gruppo. In alcune sette, ad esempio, i coniugi sono costretti a separarsi o i genitori a rinunciare ai propri figli come prova di devozione verso il leader.

Sul primo punto possiamo sicuramente notare delle affinità tra il leader di una setta (che d’ora in avanti chiameremo semplicemente “leader”) ed il guru dei soldi facili o delle vendite automatiche o di qualsiasi altra cosa voi vogliate. Possiamo tentare una normalizzazione definendo queste caratteristiche comuni:

  • Sia il leader che il guru sono molto persuasivi
  • Sia il leader che il guru sostengono di essere portatori di verità nuove ed infallibili
  • Sia il leader che il guru sono autoritari
  • Sia il leader che il guru tendono ad accentrare su di sé la venerazione di chi li circonda, siano essi seguaci, clienti o collaboratori

Struttura di potere o relazione tra il leader e i seguaci. Per creare una rappresentazione visiva semplice di una setta, potete immaginare una lettera T rovesciata, dove il leader si trova in cima e i seguaci alla base. La struttura di una setta è autoritaria, con il leader considerato l’autorità suprema che può delegare alcuni poteri ai subordinati per controllare l’adesione dei membri alle regole e ai desideri del leader. Tuttavia, al di fuori del sistema del leader, non esistono altre fonti di giustizia o alternative.

Le sette tendono ad avere un doppio standard morale, incoraggiando i membri a essere onesti all’interno del gruppo ma manipolatori e ingannevoli con i non membri. Questo approccio è in contrasto con le religioni istituzionali e morali, che si rifanno ad un unico standard morale. Le sette sostengono che i loro membri sono “speciali” o “selezionati” o che fanno/faranno parte di una percentuale fortunata, mentre i non membri sono considerati inferiori. La regola più importante nelle sette è che il fine giustifica i mezzi, il che permette alla setta di istituire il suo particolare tipo di moralità, al di fuori dei normali obblighi sociali. Utilizzando termini come “inganno divino” o “parlare ai babilonesi”, le sette giustificano un doppio standard morale e l’inganno verso i non membri.

Anche sul secondo punto possiamo normalizzare le caratteristiche simili tra una setta e l’organizzazione di un guru:

  • Sia l’organizzazione del leader che quella del guru è verticistica con pochissimi o nessun livello di comando: il guru, poi tutti gli altri;
  • Sia nelle sette che nelle organizzazioni dei guru, uno dei presupposti fondanti è la focalizzazione alla dicotomia tra chi fa parte dell’organizzazione e tutti gli altri (in psicodinamica dei gruppi si definisce “in-group” e “out-group”);
  • Dalla caratteristica riportata sopra è facile intuire che sia nelle sette che nelle organizzazioni dei guru la morale è doppia: massimo rispetto per seguaci, collaboratori, clienti e disistima per chi non vuole esserlo.

Uso di un programma coordinato di riforma del pensiero basato sulla coercizione psicologica. Per la disanima di questo punto è necessario spiegare bene la differenza tra persuasione, riforma del pensiero e coercizione psicologica. La persuasione è il processo attraverso cui si cerca di convincere una persona ad adottare un certo comportamento o a credere in una determinata idea. Questo processo può essere svolto attraverso una serie di tecniche, come l’uso di argomenti razionali, la manipolazione emotiva, l’appeal all’autorità, la presentazione di evidenze scientifiche o statistiche, e così via. Il processo di persuasione rispetta la libertà individuale non costringendo l’interlocutore ad adottare un certo comportamento o una certa idea.

Anche la riforma del pensiero, nell’accezione positiva del termine, rispetta le libertà individuali ma a differenza della persuasione agisce su credenze più profonde e meglio integrate nel sistema di credenze dell’individuo. Abbiamo intorno a noi moltissimi esempi di riforma del pensiero positiva: dall’abituare un bambino a mangiare con le posate alle terapie per la disintossicazione da droghe o dal gioco.

Quando il processo di riforma del pensiero è accompagnato da un programma coordinato di coercizione psicologica allora si è di fronte alla terza caratteristica delle sette.

La coercizione psicologica è un processo le cui finalità sono le stesse della persuasione ma le metodologie passano attraverso la violazione delle libertà individuali e dei diritti umani mediante l’uso di di minacce, intimidazioni, manipolazioni, pressioni psicologiche o altri metodi coercitivi.

Senza andare nel dettaglio sui metodi utilizzati dai processi di coercizione psicologica, possiamo definire quali sono le caratteristiche comuni di tali metodi come ad esempio l’inconsapevolezza.

I soggetti non sanno di essere manipolati e controllati e soprattutto non hanno coscienza del fatto che li si sta facendo muovere lungo un cammino di cambiamento che li condurrà a servire interessi per loro svantaggiosi o comunque non così vantaggiosi come si voleva far credere loro.

Un’altra caratteristica comune è la tendenza alla destabilizzazione del “se” e quindi la tendenza a minare la capacità di autoconsapevolezza e autovalutazione del soggetto.

L’ultima caratteristica è il mantenimento di un clima di impotenza, paura e quindi dipendenza grazie ad un sistema di punizioni (molte volte corporali) e ricompense.

Chiaramente l’uso di un programma coordinato di riforma del pensiero basato sulla coercizione psicologica è la caratteristica che più distingue le sette dall’organizzazione del guru. In quest’ultima infatti non vi è un programma coordinato anche se a volte vengono utilizzate alcune tecniche di coercizione psicologica come ad esempio un sistema stringente di ricompense e di punizioni.

In un contesto organizzativo dove vengono più o meno inconsapevolmente usate tecniche manipolatorie, senza il loro inserimento in un programma coordinato, si ottiene di fatto un ambiente “tossico”. Situazione che vede un riciclo continuo tra collaboratori vecchi e nuovi e la tendenza ad essere perennemente alla ricerca di nuove leve.

Ricapitolando, quando vi trovate di fronte ad un’organizzazione dove il concetto divisivo tra chi è dentro e chi è fuori è particolarmente marcato, dove il leader ha delle verità che nessun’altro ha, dove la venerazione del leader è sempre presente, state attenti: probabilmente vi state avventurando verso un ambiente tossico dove, alla fine dell’esperienza, gli svantaggi saranno stati superiori ai vantaggi.

Ma è sempre così? No, ma ciò è sufficiente per aumentare la vostra soglia di attenzione con la conseguente attivazione del pensiero razionale. Questa è una di quelle circostanze per cui il detto “va dove ti porta il cuore” non funziona affatto.

Fonti:

Cults in Our Midst: The Hidden Menace in Our Everyday Lives di Margaret Singer e Janja Lalich

Combating Cult Mind Control: The Guide to Protection, Rescue and Recovery from Destructive Cults di Steven Hassan

Sette sataniche. Dalla stregoneria ai messaggi subliminali nella musica rock, dai misteri del mostro di Firenze alle «Bestie di Satana» di Vincenzo Maria Mastronardi, Ruben De Luca, Moreno Fiori

Ringrazio Mario Arcella e Fabius Psiocolebri per il loro prezioso aiuto.

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *