Un saluto salverà il turismo

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Ogni mattina mi sveglio ed inizio a condurre le mie quotidiane battaglie nell’educazione della prole. Le stesse che ha condotto mia madre, con alterna fortuna…

“Svegliatevi che inizia ad essere tardi, poi suona la campanella e vi mettono la nota”

“Bevete il latte perché altrimenti voi crescete e le vostre ossa rimangono corte”

“Lavatevi i denti altrimenti vi vengono le carie e vi puzza l’alito”

“Vestitevi da sole che non voglio farlo io quando dovrete discutere la tesi”

E via dicendo…

Niente pulmino, siamo vicini a scuola e le porto io.

Elementari e scuola materna. Da 2 anni la prima e da 2 anni la seconda.

Scendo dall’auto ed accompagno la più grande.

Incontro mamme e papà tutti i giorni.

Saluto mamme e papà tutti i giorni anche se con la maggioranza di loro non ho mai avuto il piacere di parlare.

Le saluto perché condividiamo una parte importante della nostra vita.

Le saluto perché mi fa sentire bene.

Le saluto perché i miei genitori mi hanno insegnato questo ed io voglio insegnarlo alle mie figlie.

Non un saluto sterile. Un “buongiorno” stretto tra i denti e via al lavoro.

Un saluto aperto e sincero, non di protocollo.

Poi accompagno la più piccola e la scena si ripete.

Cosa è il saluto per il turismo? È la sua pietra angolare, è il suo motore immobile, è l’inizio e la summa.

Il saluto è il principale e primario segnale di predisposizione verso l’”altro”.

Salutare mette e fa mettere gli individui nello stato d’animo di comunione, di accettazione ed in qualche modo di ascolto.

Stati d’animo su cui si appoggiano le esperienze turistiche.

Non di monumenti stiamo parlando, non di parity rate o disintermediazione, non di social network.

Porca miseria, stiamo parlando di persone!

Persone tra le persone, esperienze di vita. Questo è il turismo.

Non parliamo nemmeno di turisti.

Parliamo di abitanti. Esseri umani che in periodi più o meno prolungati abitano un territorio, uno spazio, infinite relazioni.

Siamo tutti turisti. Noi siamo turisti.

Dio, che triste ‘sta tappezzeria! Ma perché non la cambi?

Ma io sono qua di passaggio.

E chi non lo è, tesoro…?

In un territorio siamo sempre di passaggio, anche quando c’è scritto sulla nostra carta d’identità. Anche quando ci sentiamo depositari di una identità fatta di tradizioni e relazioni.

Se siamo tutti di passaggio allora siamo tutti turisti ma ci dobbiamo sentire in obbligo di condividere una conoscenza maggiore di quello spazio, di quel territorio verso gli altri turisti. Quelli che in quel territorio ci staranno di meno. Magari solo un paio di giorni.

Da dove iniziamo a far uscire quello che dovrebbe per noi tutti essere un impeto inarrestabile?

Ovviamente dal saluto!

Dal saluto sincero di un barista verso i suoi clienti, dal saluto tra persone sconosciute in un ambulatorio, dal saluto di un papà che, pur vedendo molte volte disatteso il principio della reciprocità, continua a salutare gli altri papà e le altre mamme perché è convinto che la vocazione turistica di una destinazione debba cominciare da li.

Non dalle tariffe, non dagli alberghi, non dai ristoranti.

Il turismo inizia dal saluto. Sempre.

By Cino Wang Platania

Foto di Miroslav Petrasko | Citazione cinematografica da “Pane, Amore e Tulipani”

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